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Reti C.E.A.

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La storia del rifugio Mario Paci

Negli anni '50 l'alpinorifugio paci nel primo dopoguerra Tullio Pallotta, chiede all'amministratore delle proprietà Sgariglia, allora presidente degli Istituti Riuniti di Cura e Ricovero, signor Santanchè, di poter usufruire del rifugio situato sotto al Colle Giammatura, nella località denominata Colle della Pelera. Da testimonianze avute, il nome del colle, sito davanti al Colle della Luna, è ricollegabile alla sua conformazione poiché non aveva alberi, quindi pelato.  La capanna per pastori, utilizzata precedentemente come servizio di caccia dal marchese Sgariglia, fu quindi concessa al volenteroso signor Pallotta che la riparò e l'adibì a punto di ristoro, intitolandola poi al caduto Mario Paci, partigiano della II Guerra Mondiale; successivamente fu acquistata dal Club Alpino Italiano per la somma di Lire 50.000. Conrifugio paci il sorgere dei primi campi da sci, si organizzarono le prime gare. Si ricorda quella di fondo nell'inverno del 1946, denominata Trofeo Mario Paci, percorso articolato tra Colle San Marco-Colle della Luna e ritorno.

(Testo tratto dal libro di Antonella Alesi "da Ascoli alla Montagna dei Fiori: storie di sacro e profano")

 

 

 

Ecco cosa dice Tullio Pallotta relativamente al suo amico Mario Paci e al Rifugio a lui intitolato in una conversazione avuta, nel novembre 2003, con William Scalabroni, Maurizio Calibani e Dario Nanni, allora presidente della Sezione:

“…e il rifugio Paci, sul San Marco, lo misi su riattando con alcuni amici un piccolo fabbricato degli  Istituti riuniti di cura e ricovero e attrezzandolo con un camino, una cucinetta, qualche cuccetta,  proprio per ricordare il povero Mario, anche lui come me sottotenente degli alpini, ferito a morte in Russia. Vi dico come è andata: stavamo sul Don, in fase di recupero e di rientro, io col mio battaglione Tirano accanto alla Julia, che nella ritirata si comportò splendidamente; Mario andò a  fare una ricognizione attraversando il Don ghiacciato, largo in quel punto 4-600 metri, e portò con sé due alpini; fatto il rilevamento, da lontano, arrivò una briscola di un carro armato sovietico che lo ferì gravemente. Lo presero i tedeschi, lo portarono in Germania e lo curarono, però male. Lo fecero rientrare con un’anemia, io andai a trovarlo con un permesso, il maggiore Belotti di Bergamo mi  disse di salutarglielo e che gli avrebbe fatto dare la medaglia d’argento; invece, poi, anche Belotti morì. Io feci il possibile per quella medaglia anche perché Mario era di famiglia povera, la madre vendeva in piazza: ma non si riuscì a nulla.
Del rifugio Paci, dopo la guerra, mi ricordo l’episodio di un ragazzo finlandese che girava il mondo e ad Ascoli dormiva all’ostello. Lassù in un italiano stentato ci chiese un paio di sci, glieli prestammo ma c’era mezzo metro di neve fresca non battuta e tutta bagnata, pensammo ‘adesso questo s’ammazza’, invece scese giù a slalom, sci paralleli: una meraviglia.”

 

A destra mostriamo la prima pubblicità del Rifugio Paci comparsa il 10 settembre 1946 sul giornale "Il Trivio", trovata durante una capillare ricerca effettuata presso gli archivi della biblioteca comunale di Ascoli Piceno dagli operatori della Soc. Integra. Lo stesso disegno è stato poi ripreso e leggermente modificato per la creazione del logo definitivo dell'attuale Rifugio.

 

 

 

Mario Paci raccontato dalla sorella Luciana

Mario Paci, orfano di guerra, celibe e primo di tre figli (Mario, Pio e Luciana) è nato ad Ascoli Piceno il 15 marzo 1921.
Trovò lavoro, quale ragioniere capo e perito commerciale, presso la ex G.I.L. di Ascoli Piceno. Quando la guerra si fece più temibile, decise di partire volontario, perché voleva combattere per la Patria. Fu mandato, come prima destinazione, a Merano dove fece un corso di sei mesi per prepararsi alla partenza per la Russia, con la qualifica di Sottotenente della Divisione Tridentina – Battaglione Edolo. Fu mandato nei pressi del fiume Don e precisamente nel punto in cui il Don, nel suo corso, forma un’ansa ad angolo retto con al centro una piccola isola, presidiata dai Russi; cominciò così a svolgere il suo compito di soldato. Parecchie volte respinse, con i suoi uomini, il nemico. Sfortuna volle che, durante una perlustrazione con altri alpini, fu avvistato dai Russi, che subito cominciarono a sparare. Mario e i suoi respinsero il nemico, ma fu ferito all’anca destra. Per questa operazione fu nominato Tenente dai suoi superiori per premiare il suo coraggio. Non ebbe, però, la consolazione di appuntarsi la medaglia, perché cominciò la “famosa” ritirata e, nella confusione, tutti i carteggi andarono smarriti; di questo inconveniente si rammaricava tanto.
Ferito e con copiose perdite di sangue fu portato nelle retrovie con mezzi di fortuna.
Dopo qualche giorno fu trasferito in Germania dove, finalmente, fu ricoverato in un ospedale della città di Gomel. Fu curato per le sue ferite dai medici tedeschi in maniera egregia, ma le sue condizioni rimanevano gravi, sia perché aveva perduto molto sangue, sia perché tutti i feriti come lui non avevano la possibilità di rimettersi per mancanza di cibo.
Fu rimpatriato e ricoverato, prima in un ospedale di Rimini, poi riportato ad Ascoli nell’Ospedale Militare (Palazzo ex Seminario).
Le sue condizioni continuarono a peggiorare fino alla morte, avvenuta il 18 giugno 1943. Sulla sua tomba è riportata l’epigrafe, che sintetizza egregiamente la sua breve esistenza terrena, che recita: “…visse per la famiglia, morì per la Patria…”.
Da ultimo, è bene evidenziare che, vicino al passo del Tonale, nella città di Edolo, sul portale del Municipio, esiste una targa di commemorazione dei caduti in Russia con cinque nominativi: il primo è di Mario Paci.

Ascoli Piceno, 18 marzo 2006
Luciana Paci